Il giardino delle rose di cristallo



Questa non è una storia che narra vicende eroiche, gesta compiute da eroi, viaggi attraverso pericolose vie commerciali o attraverso territori ancor tutti da scoprire, è una storia che riguarda gente comune, gente senza un passato, senza un futuro...

La neve, sì, la fredda neve cadeva, grossi fiocchi di cristallo scendevano dal tetro cielo, grigio con qualche screzio di nero qua e là, sembravano due eserciti l'uno contro l'altro, un'epica lotta fra bene e male sopra i cieli di questa Londra oramai decadente e macchiata!
La neve che inesorabile cadeva, copriva le strade, le arrugginite lampade ad olio, i tetti delle case, vecchie e piene di crepe, sembravano perpetue che attente ed impassibili vegliavano sulle via della città, sussurrando e spettegolando. Dalle finestre delle case, soffuse luci dei focolari, dei piccoli camini che scaldavano la cucina, e la camera da letto di famiglie borghesi, potenti commercianti che pian piano si facevano strada fra le vie della politica, eh sì, anche se nessuno di loro avrebbe immaginato quel che duecento anni più tardi sarebbe successo, con l'improvviso arrivo degli illuministi. Vetri rotti, rumori di sedie che rovinosamente cadevano a terra giungevano dalla vecchia osteria, "La mela Marcia", mentre allegre ragazze uscivano correndo, mezze svestite, e con i capelli tutti scomposti, giovani prostitute preda di vecchi ubriaconi, una volta soldati o uomini del fiorente mercato londinese. E qualche attimo più tardi, eccoli loro, i molestatori venire cacciati e pestati da quattro giovin affisicati e dal volto fiero. Si rialzano, sanguinavano, barcollano, si trascinano sulla gelida neve, corrono a rintanarsi nei loro buchi, topi di fogna, non persone.
Di tanto in tanto, qualche carrozza trainata dal eleganti cavalli sfrecciava lungo le strade, destando stupore, e incuriosendo i passanti, non era poi così frequente di questi tempi vedere un nobile uscire di casa, ma alle volte gli incombenti impegni politici erano talmente importanti da non poter essere rimandati. Sì beh, impegni politici, vecchi uomini grassi, accompagnati da giovani e belle prostitute, pagate per essere loro mogli, vecchi grassi che passavano le serate ad ingozzarsi come maiali mentre la gente moriva sulle strade, mentre il freddo pian piano faceva quel che le persone non facevano, puliva. Proprio così, nella Londra d'oggi, v'era un esercito, delle persone spietate, assassini, criminali d'ogni genere, razza e fazione politica, assoldati dai nobili per pulire le strade da quello che loro chiamavano "sporco che respira", dai barboni e dai poveri senza tetto, ed ora era il freddo a pensarci, senza spargere sangue, e senza sprecare preziosi danari per pagare questi mercenari senza cuore.
La neve continuava a cadere incessantemente, ed il freddo diveniva sempre più penetrante, sarebbe stata una notte dura, ma ancor più dura per Paul, pensava. Era proprio di lui che vi volevo parlare, si sà le voci nelle città girano, le persone, e alle volte credo che persino i muri sussurrino, e in poco tempo quelle che nascono come piccole storielle di poco conto diventano grandi imprese, avventure degne d'essere ricordate negli anni a venire, ma fra tutte le storie, pur grandi ed importanti che sian state, questa, solo questa mi colpì veramente.
Paul un bambino, un piccolo bambino con la sfortuna d'esser nato povero, viveva in un sobborgo di Londra, uno dei più malfamati, nessun nobile o borghese vi si era mai addentrato, là vi trovavano rifugio assassini, ladri, stupratori ed eretici. Ah sì mi ero dimenticato di dirvi, che viviamo in una Londra che condanna le donne per stregoneria, le tortura, abusa di loro, e in fine le brucia vive. A riguardo ho un piccolo aneddoto da narrarvi, una madre diede alla luce un bambino, la famiglia era povera, ma sopravviveva, e riusciva a sfamare questo bambino adeguatamente. Il padre un giovane carpentiere sui venticinque anni, alto slanciato, moro e con gli occhi chiari, magro e sempre con scure occhiaie attorno ai due cristallini occhi, mentre lei, la madre della piccola creatura, aveva vent'anni, non molto alta, bionda e con due occhi enormi, azzurri come il cielo, e la pelle candida come la neve, magra ma con un seno pronunciato, bellissima e luminosa nella sua naturalezza e spontaneità. La piccola creatura si ammalò, febbre, allora la madre si ricordò d'una ricetta che le aveva insegnato la madre, consisteva nel cucinare e lavorare alcune erbe, che andavano poi mischiate a del miele e dell'alcool, per ottenere uno sciroppo a dir poco miracoloso per la febbre. Ma come prima dissi, le voci nelle città girano, ci misero poche ore per arrivare alle orecchie degli inquisitori, portarono fuori la donna con la forza, la fecero spogliare, e due soldati abusarono di lei, mentre la gente fredda, ed ignara le passava accanto, spaventati ed inorriditi, ma con le mani legate, non potevano far nulla! Dopo di che la trascinarono nelle celle d'una prigione, anche se alcuni dicono finì nel letto di qualche nobile viziato. Tre giorni dopo venne processata e bruciata viva. Il giorno dell'esecuzione la gente narra, che i soldati la legarono ad un palo di legno, sistemarono la paglia e le legna, e bagnarono lei e le legna con dell'olio. Lei, non disse nulla, ne insulti, ne imprecazioni, nulla, ma il suo sguardo, mentre le fiamme lentamente la risalivano sino al volto, esprimeva rabbia, disprezzo e disgusto, inquietò a tal punto i carnefici che dovettero allontanarsi, non vi furono strilla di gioia o pianti di dolore, solo silenzio!
E chi lo sà, magari questo Paul era proprio figlio di questa giovane madre...
Tornando al bambino, si conoscono solo dati relativi al padre, un giovane ragazzo che in seguito ad un furto venne giustiziato in pubblica piazza, causa? Aveva rubato perchè voleva sfamare il figlio! Londra non era una città, era una svana, una giungla di sassi e sangue, ove caos e marcio vi regnavano.
Paul quelm giorno vagava alla ricerca di qualcosa da mangiare, era già stato a chiedere al proprietario della vecchia locanda, ma questa volta lo aveva respinto, non poteva sfamarlo per via del fatto che era stato derubato da poco, un drappello di giovani "bastardi" aveva fatto irruzione armato, immobilizzandolo e derubandolo di tutto ciò che aveva, pover'uomo, faceva pena persino al bambino, mentre fra un singhiozzo ed un sospiro, raccontava la sua triste avventura, e fra le mani si passava un vecchio rotolo di corda. La sera ondeggiare d'ombre alla vecchia locanda si sarebbe visto, altra anima che questo mondo lasciava, vittime dell'ingiustizia della vita.
Il bambino continuava a girare, bussava alle porte delle case, la gente apriva, ma l'istante dopo con spinte e minaccia di percosse lo ricacciava sulla strada, nella neve e fra le braccia dell'assassino gelo. Era anche poco vestito, si dice che portasse una vecchia giacca marrone, sporca e strappata, con due macchie di sangue sulla manica destra, forse la giacca del padre scomparso, sotto un maglione sgualcito e tutto sfilato, marrone anch'esso sudicio e sporco di chissà quale schifo. I pantaloni neri, avevano due piccoli strappi sulla coscia destra, che lasciavano penetrare il freddo vento, anch'essi sporchi e troppo grandi, finivano sempre con l'andare sotto le sue scarpe, e farlo buffamente scivolare sulla neve. Le scarpe, di pelle, ma talmente vecchie e consumante da risultare dure come il ferro, e d'inverno finivano sempre per spaccare i piedi del povero bambino, facendoli sanguinare. Non se la passava bene, no proprio non se la passava bene, e questo freddo improvviso non aiutava di certo la sua situazione. La nottw arrivò presto, sia per via dell'entrata nella stagione invernale, sia per via del cielo cupo e scuro.
Intanto le lanterne venivano accese e la città si illuminava come un grande albero di natale, mentre negli angoli più remoti i barboni s'addormentavano, con la speranza di non svegliarsi mai più. Persone con manie di suicide? No erano solo stanchi.
Paul preso dalla stanchezza seguì l'esempio di tutti gli altri, imboccò una stradina buia alla ricerca di un posto per morire. Ma mentre camminava, ecco che i pantaloni finiscono sotto le sue scarpe, scivola, e tenta di aggrapparsi a delle tavole di legno, caddero anche esse assieme a lui, colpendo la coda d'un gatto. Vi fu un pesante tonfo, seguito da un acuto miagolio e dal suo sottile e tenero grido di spavento, e poi, nuovamente l'assordante silenzio.
Non aveva più la voglia e le forze per rialzarsi, quando una mano calda gli si posò sul viso, ed un'angelica voce gli sussurrò < Come stai? E' tutto apposto?>
Paul, rimase colpito, e stupito, era la prima volta che qualcuno che non era suo padre cercava d'aiutarlo. Chiuse e riaprì gli occhi, per vedere se effettivamente era tutto reale, e si ritrovò il volto di una giovane bambina, occhi scuri e profondi, i capelli ricci ed arruffati le coprivano la fronte e scendevano sino sulle gote del bambino, le labbra screpolate dal freddo pronunciavano un sincero sorriso.
< Uhm grazie per l'aiuto> rispose Paul tremando dal freddo, <Ma tu chi sei? Non ti ho mai vista in giro, eppure io conosco quasi tutti i bambini come noi> chiese impaziente d'avere una risposta
< Hai perfettamente ragione, ma come tu ben dici, quasi, non li conosci tutti, e io sono una di quelle che non conosci >
Il Bambino rimase colpito dalla sua risposta, forse neanche l'aveva capita, ma annuì vivacemente.
<Mi presento, sono Sophì e tu? Paul vero?>
<Sì come lo sai?>
<Lo hai scritto sulla sciarpetta che porti>, ah sì mi son scordato di dirvi che la madre prima di morire, o scomparire lasciò a Paul una sciarpetta con su scritto il suo nome
<Ah, è vero> rispose arrossendo, <Ma come mai cammini in queste vie? Cosa ti ha portato qui?> chiese
<Beh non saprei, forse tu, o forse Dio, non lo sò> rispose Sophì e subito dopo aggiunse <E tu invece? Come mai sei qui?>
<Beh io, io cercavo un posto per raggiungere il mio papà e la mia mamma, e andare fra le braccia di Dio> rispose singhiozzando
<Come? Vuoi morire?>
<Ebbene sì, non ho più cibo, ed il freddo aumenta, sono senza mamma e senza papà, non posso più vivere, e normale che sia così per noi bambini senza genitori e senza soldi, siamo animali fatti solo per morire, questo è quello che dice il vescovo> rispose ingenuamente
<Il vescovo? intendi quel vecchio grasso che conosce solo l'odore dei soldi e il sudiciume di quelle piccole sgualdrine? Ma lascialo stare, tu sei una persona come lui, come me, e come tutti, e nessuno ha proprietà sulla tua vita, tu devi vivere come tutti!!> rispose con tono fermo e dirompente
<No, noi siamo persone senza futuro!> replicò
<Camminiamo un pò?> chiese cambiano tono e discorso la giovane Sophì
<Va bene>
Non mi sono espresso sull'età per lasciar voi giudicare se dopo tutto erano bambini oppure no, se anche nel loro pochi anni di vita meritavano d'esser chiamati bambini.
La neve intento cominciava a diminuire, sempre più rada e con fiocchi più piccoli, ma il freddo sempre più pungente.
I due bambini intanto camminavano, sembrava che la stanchezza se ne fosse andata, e che la fame fosse solo un lontano ricordo, parlavano dei loro sogni, di storie su posti lontani oltre la lingua azzurra, dei loro genitori comparsi, e Paul infine parlò anche del suo amore per le rose. Non ne aveva mai vista una, ma le immaginava, e le amava.
Camminarono per ore, sino a che si accorsero di aver raggiunto il quartiere residenziale.
<Sophì, è meglio se torniamo nella nostra zona, è peccato camminare dove la nobil gente cammina, finiremo all'inferno> le sussurrò spaventato
<Ma cosa dici! Vieni, seguimi> Sophì prese Paul per mano, e lo portò con sé. La sua mano era calda, calda? Come faceva ad esser calda, con questo gelo, era questo che probabilmente Paul si chiedeva.
<Ti fidi di me Paul?> chiese la bambina
<Sì certo, parchè non dovrei?!?>
<Lo vedi questo muro, al di là c'è un giardino di Rose, vi son rose di tutti i colori e qualità, e dicono siano le più belle di tutto il mondo, ti va di vederle?>
All'inizio esitò, ma sapeva che probabilmente non sarebbe vissuto a lungo e decise che andarle a vedere, <Sì certo, mi piacerebbe tantissimo>!
Allora la bambina condusse Paul vicino ad un albero che poggiava sull'alto muro.
<Guarda lo vedi quest'albero? Ecco è facile, guarda come salgo io e poi fai lo stesso>
Paul annuì.
In qualche minuti entrambi si ritrovarono nel giardino del nobile, attorno il buio più totale, e neve, tanta neve.
<Vieni seguimi, sò la strada, due anni fa mia mamma lavorava come serva presso questo nobile e lui stesso mi parlò di queste rose, ma non ebbi mai la possibilità di poterle vedere, ma conosco la strada>
I due camminarono fra cespugli ed alberi, rami e pungenti rovi, mentre di tanto in tanto, la luna faceva capolino fra le nuvole, e lasciava loro intravedere la strada
Eccole, in poco tempo erano arrivati nel magico roseto, e stranamente, nonostante la neve ed il freddo, loro erano lì, belle e splendenti, delicate, eleganti, note musicali e poesia della natura. Paul era rimasto paralizzato alla visione di tanto splendore, erano tutte completamente congelate, cristalli di ghiaccio, blu, rossi, gialli, rosa, e quando gli argentei raggi della luna le attraversavano, davano luogo ad uno spettacolo di luci e coloro unico, sembravano divenir cristalli, sì, sembrava di essere approdati in un'altro pianeta, dove tutto era dolce, tutto era poesia, e neanche il freddo e la morte facevan paura. Il giardino delle rose di cristallo.
<E' stupendo, è tutto così bello, grazie, grazie Sophì!>
<Non hai da ringraziare, e poi le volevo vedere anche io, sono bellissime non trovi?>
<Sì sono stupende, come le ho sempre immaginate, se non più belle!>
Camminavano lenti, si godevano il magico ed unico spettacolo, quando l'occhio di Paul cadde su una rosa, non era congelata, era staccata dalle altre, in oltre era schiusa e d'un rosso unico.
<Un secondo Sophì, mi sembra di aver visto qualcosa>
Si allontanò per pochi istanti, colse la rosa e la ripose sotto la sua giacca, Sophì non si accorse di nulla.
<Tutto apposto?> chiese curiosa
<Sì sì, non era nulla>
<Non sei un pò stanco? A me ora si chiudono gli occhi>
<Sì anche a me, vieni, seguimi tu questa volta> gli sussurrò Paul
I due andarono a sedersi sotto un salice,un grande salice piangente, si abbracciarono, fu qualcosa di naturale, non cercato o voluto, un semplice gesto naturale, e sotto la luna s'addormentarono.
Erano stanchi, e la lunga camminata senza aver mangiato li aveva indeboliti tantissimo, ed in più, era il freddo, lentamente si stavano raffreddando, lentamente stavano...
Paul di soprassalto si svegliò, qualcosa lo aveva destato dal sonno, chissà quale pensiero, chissà quale sogno. Osservava la luna, le stelle, piccoli occhi gelidi, che nel nero cielo brillavano come piccole anime bianche! E in cuor suo sapeva che quello sarebbe stato il suo ultimo sguardo a quella luna, a quelle rose così magiche, ma sopratutto a quella bambina, che in così poco tempo le aveva dato qualcosa che nessuno gli aveva mai dato, qualcosa che ancora oggi adulti non sono in grado di provare, qualcosa che capita di sentire poche volte nella vita. Immagini della caduta, del suo buffo viso sopra al suo, della sensazione dei suoi capelli sulle gote, e della lunga camminata con lei. Sarebbe stato il suo ultimo sguardo, a volte la vita, un ingiusta storia, che ti dà quel che forse veramente cerchi, quel che si chiama felicità, ma la sfortuna di esser nato povero fa sì che sia solo un lampo, un piccolo squarcio nel tempo, un piccolo ritaglio di secondi così veloci, così...Un sogno.
Prese la rosa, era calda, delicatamente la pose fra le braccia della piccola, era fredda, fredda come il ghiaccio, ma la sua espressione angelica, serena, Paul le diede un delicato bacio sulla fronte, e avvicinandosi al suo orecchio, con voce tremolante, ed una piccola lacrima che scendeva dai suoi piccoli e buffi occhi, le sussurrò <Grazie Sophì. Buonanotte, a presto!>
Sapeva che si sarebbero rivisti presto, non sapeva il parchè, ma sapeva che sarebbe stato così.
Il mattino dopo, all'alba, i caldi raggi solari illuminarono il giardino, il magico roseto, ed in fine, lo sguardo del sole si posò sui due giovani, dormivano, l'uno accanto all'altro, abbracciati, la piccola lacrima era divenuta un cristallo. Lei guardava lui, lui guardava lei, due visi angelici, due cuori veri! La rosa, la magica rosa rossa, più rossa non era.
Anche i fiori, esseri senza cuore, senz'anima, anche loro vidi piangere, due anime, due cuori, due sinceri cuori quest'oggi all'alba del nuovo giorno avevano lasciato questo mondo, per rincorrere i loro sogni, colpevoli d'essere nati poveri, colpevoli d'aver amato anche se sol giovani bambini.
La rosa divenne nera, segno di lutto, di tristezza, per la morte dei due fanciulli, ma nera, simbolo d'unicità per quel che avevano provato, per la sincerità di quel che oggi il mondo deride e sminuisce...Amore.
Addio Paul, Addio Sophì.

Due rose, due rose nere comparvero nel magico giardino, ma due rose speciali, erano eterne, come il loro spirito, come il loro amore.

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